L’11
marzo 2011, il nord-est del Giappone è stato colpito da un
violentissimo terremoto di magnitudo 8,9 con epicentro sul fondo marino
del Pacifico
a circa 500 kilometri da Tokyo.
Il terremoto è stato causato da un forte sollevamento di una parte del
fondale.
Si è spostata di conseguenza tutta la massa d’acqua sovrastante,
creando uno tsunami, ossia un maremoto, con onde alte circa 10 metri
che sono penetrate fino a 10 kilometri nell'entroterra. Le vittime,
secondo una prima stima, ammontano a circa 30000.
A questa tragica conseguenza se ne è aggiunta un’altra: nella
prefettura di Fukushima, il terremoto e il maremoto hanno danneggiato
gravemente
quattro dei sei reattori della centrale nucleare.
La causa scatenante è stata naturale, ma nell'incidente di Fukushima –
come in quelli verificatisi nel 1979 a Three Mile Island in
Pennsylvania (USA)
e nel 1986 a Chernobyl in Ucraina (URSS) – sono state determinanti le
responsabilità umane.
Anzitutto la scelta di costruire una centrale nucleare in una zona
costiera soggetta a tsunami, per di più senza adeguate protezioni.
La società Tepco (Tokyo Electric Power Company), proprietaria
dell’impianto, e le autorità giapponesi hanno sottovalutato la forza
che può avere uno tsunami,
nonostante il fenomeno sia ben noto in Giappone.
La centrale nucleare è stata costruita su una costa alta appena 4 metri
sul livello del mare, e protetta da dighe frangiflutti alte poco più di
5 metri,
adatte a fronteggiare un tifone, non uno tsunami.
Quando le onde di maremoto alte più di 10 metri hanno investito la
costa, i reattori nucleari della centrale sono stati sommersi.
I sistemi di sicurezza si sono rivelati a questo punto insufficienti.
Le pompe hanno smesso di funzionare, bloccando il raffreddamento dei
reattori, e i dispositivi di riserva non sono entrati in funzione.
In seguito al blocco degli impianti di raffreddamento, si è verificata
una serie di esplosioni con fughe di radioattività.
Particolarmente pericolose quelle provenienti dal reattore 3,
alimentato a Mox, combustibile contenente plutonio.
Successive indagini hanno appurato gravi mancanze nel controllo e nella
manutenzione di tali sistemi.
Secondo quanto ammesso dagli stessi responsabili della Tepco, le
valvole della temperatura di un reattore, ad esempio, non erano state
esaminate per 11 anni, mentre altre verifiche, presentate come
accurate, erano approssimative: 33 pezzi dei reattori non erano stati
revisionati.
La situazione è stata ulteriormente peggiorata dal fatto che la Tepco,
per ridurre i costi di gestione della centrale nucleare,
non ha trasportato altrove le barre di combustibile già usate, ma le ha
accumulate all’interno della centrale stessa.
Dato che le barre di uranio o Mox, quando vengono estratte dai reattori
per essere sostituite con altre nuove, sono ancora radioattive ed
emettono calore,
esse devono essere conservate in vasche dove circola costantemente
acqua refrigerata.
Senza raffreddamento, o peggio senza acqua, la fissione nucleare può
riprendere.
Inoltre, secondo il giornale statunitense Wall Street Journal, la Tepco
avrebbe consapevolmente rallentato gli interventi per
raffreddare con acqua di mare i reattori dov’era in corso la fusione
del nocciolo.
L’uso di acqua marina può abbassare la temperatura dei reattori,
riducendo i rischi di ulteriori esplosioni e fughe radioattive.
Allo stesso tempo, però, danneggia i reattori rendendoli inservibili:
cosa che la Tepco ha cercato fino all’ultimo di evitare per
non subire un’ulteriore perdita economica.
Responsabilità vi sono anche da parte del Governo giapponese e
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che hanno cercato in
diversi modi
di sminuire la gravità dell’incidente nucleare.
Operai e pompieri hanno messo a rischio la propria vita, esponendosi a
pericolosi livelli di radioattività nel tentativo di
raffreddare i reattori con acqua di mare.
Alcuni di loro, lavorando nell’edificio del reattore 3, sono stati
contaminati da una radioattività 10000 volte superiore a quella
normale.
Nonostante il loro eroico sforzo, la situazione appare drammatica.
Secondo uno studio commissionato da Greenpeace a Helmut Hirsch, esperto
tedesco di sicurezza nucleare, l'incidente alla centrale giapponese di
Fukushima
avrebbe già rilasciato un tale livello di radioattività da essere
classificato di livello 7.
Tale livello, in base alla scala INES (scala internazionale degli
eventi nucleari e radiologici), è quello di massima gravità.
Finora è stato raggiunto solo nell’incidente di Chernobyl in Ucraina,
nel 1986.
Ma, mentre a Chernobyl l'incidente ha coinvolto un solo reattore, a
Fukushima sono quattro i reattori che rilasciano radioattività.
Particolarmente preoccupanti sono gli effetti che la diffusione di
radioattività può avere in un paese ad alta densità demografica come il
Giappone,
335 abitanti per kilometro quadrato, che salgono a circa 6000 ab/km2
nell'area metropolitana di Tokyo,
distante poco più di 200 km dalla centrale nucleare di Fukushima.
La radioattività in mare di fronte alla centrale di Fukushima risulta
migliaia di volte superiore ai livelli di norma: è quindi pericoloso
mangiare pesce.
Anche l’acqua potabile di Tokyo presenta una radioattività doppia
rispetto al livello normale: è stato quindi consigliato di non farla
bere ai bambini.
È stato anche raccomandato di non mangiare verdure provenienti dalle
aree contaminate.
È ancora presto per dire quali saranno gli effetti sanitari per la
popolazione.
Si teme però che essi possano essere gravi.
FONTE: online.scuola.zanichelli.it
Fukushima
recluta i senzatetto per i lavori più pericolosi
In una sola ora di lavoro, i liquidatori di
Fukushima possono sorpassare il limite massimo annuale di radiazioni
consentite. Tre anni circa dopo lo tsunami e
l’incidente nucleare, ecco, forse, perché adesso la tepco cerca operai
anche fra i senzatetto. Anche perché, se accettano, sono lavoratori
a buon mercato, la paga rientra quasi tutta all’azienda, visto che le
reclute devono pagarsi il vitto e l’alloggio:
“Siamo un facile bersaglio per chi va in
giro a reclutare gente – dice un senzatetto – Siamo sempre qui intorno
alla stazione, a girare con le nostre buste. Ci chiedono stai cercando un lavoro? Sei
affamato? E se rispondiamo di sì poi ci offrono di andare a Fukushima”.
Yasu Hiro Aoki, un pastore battista che si
occupa dei barboni tutti i giorni, è stato il primo a denunciare queste
pratiche:
“Non sanno nulla dei pericoli potenziali,
non vengono informati. Li sbattono semplicemente nei dormitori e poi
gli trattengono nella paga, il costo dei pasti e della nottata passata
al caldo. Alla fine del mese si ritrovano
completamente senza niente”.
Il ministero dell’ambiente giapponese ha
appena annunciato che ci vorranno almeno altri tre anni per terminare
la messa in sicurezza dei punti più contaminati dell’impianto. Ciò vuol dire molti uomini da reclutare.